L’Incontro di Falcon Lake

0
2872
Steve Michalak

Sono anni che sentiamo parlare di incontri ravvicinati del terzo tipo, diversi casi presi in esame,ma ve ne è uno, che storicamente ha dell’incredibile. Noto agli ufologi come il caso di Falcon Lake, è senza dubbio uno dei più controversi e significativi. L’avventura vissuta da Steve Michalak, infatti, supera per importanza la maggioranza dei casi clinici irrisolti legati agli UFO. L’ufologo inglese John Harry Nottinghall ha dichiarato: «Di tutti i casi che ho avuto occasione di studiare, quello di Falcon Lake mi sembra al tempo stesso il più misterioso e il più affascinante. Per una volta, gli scienziati ufficiali, gli increduli e tutti coloro che ritengono quelle di extraterrestri delle storie da dormirci in piedi, destinate ai deboli di mente e agli ingenui, sono costretti a riconoscere la realtà dei fatti. Le analisi mediche subite dal testimone, i prelievi minerali effettuati sui luoghi dell’atterraggio da scienziati competenti conferiscono al racconto del testimone un’autenticità indiscutibile.»

Deposizione

20 maggio 1967. Falcon Lake, località situata a circa 120 chilometri a est diWinnipeg, nel CanadaSteve Michalak, un giovane appassionato di geologia, è alla ricerca di minerali di cui la zona è ricchissima. Siamo intorno a mezzogiorno e il nostro geologo dilettante, munito dei suoi attrezzi, procede lentamente attraverso i boschi verso una formazione rocciosa che ha individuato non lontano da una vasta palude. Ad un tratto, mentre stava per cominciare a esaminare qualche pietra, sente lo schiamazzo di un branco di oche selvatiche spaventate. Nell’attimo stesso, scorge nel cielo due luci rosse che si avvicinano. Immediatamente dopo, distingue due oggetti a forma di sigaro, sormontati da una protuberanza, che scendono lentamente.

 

Uno degli apparecchi viene a posarsi a una cinquantina di metri da lui, mentre il secondo, dopo essersi librato per un attimo sulla cima degli alberi, scompariva rapidamente in una nuvola. Il nostro testimone può quindi osservare attentamente il singolare oggetto che è atterrato, il cui colore subisce delle strane trasformazioni: come un metallo arroventato e bianco, che si raffredda a poco a poco, l’oggetto passa dal rosso brillante al rosso-grigio, poi al grigio e infine al grigio-argento.

Steve Michalak non si è mai Interessato di UFO, perciò prende l’oggetto per un apparecchio sperimentale dell’aviazione militare per eventuali voli spaziali. Durante la seconda guerra mondiale faceva parte dei servizi segreti, quindi conosceva abbastanza bene i velivoli militari, e segnò tutto su un diario annotando ogni particolarità che vedeva davanti ai suoi increduli occhi.Dopo un breve esame, si rende conto che l’apparecchio non ha niente in comune con i tradizionali velivoli dell’aviazione: una corona periferica di circa 10 metri di diametro, a forma di cono appiattito, circonda una cupola centrale la cui base è striata da fessure di 25 centimetri di lunghezza. Sotto quel complesso, proprio di fronte a lui, si trovano nove pannelli rettangolari di 15 centimetri per 25 forati ciascuno da 30 buchetti che, pensa dapprima Michalak, fungono da bocche d’aerazione o da scappamento ma che in seguito si sarebbero rivelate destinate a tutt’altro uso.

Schema dell’oggetto visto da Steve Michalak

Ricostruzione avvistamento Falcon Lake

Man mano che l’UFO pare raffreddarsi, il testimone sente delle folate di calore affluire verso di lui; l’aria si impregna, secondo la sua espressione, di un «orribile odore di zolfo o di motore elettrico bruciato». Sente un ronzio simile a quello di un motore che giri al massimo mentre, vicino ai pannelli d’aerazione, una specie di porta lascia passare un’intensa luce violetta che, secondo il testimone, supera in intensità quella del sole a mezzogiorno.

D’un tratto, dall’interno dell’UFO, giunge a Michalak il suono di tre voci umane che conversano.

Alquanto rassicurato, il testimone, che è poliglotta, lancia dei richiami prima in inglese, poi in russo, italiano, tedesco e polacco, per attirare l’attenzione degli invisibili occupanti, ma invano. Michalak, infatti, non riceve alcuna risposta. Allora, con gli occhi protetti dagli occhiali da sole, decide di andare a vedere più da vicino che cosa stesse succedendo all’interno di quello strano apparecchio.

Con prudenza, Michalak si accosta all’entrata del misterioso velivolo e vede molte piccole luci multicolori disseminate sulla parete circolare interna, che proiettano a intermittenza dei raggi luminosi, ora in orizzontale, ora in diagonale. Poi, avuta la meglio la curiosità sulla prudenza, Michalak sporge la testa per guardare all’interno. Con sua grande sorpresa, l’apparecchio è vuoto e, prima di dargli il tempo di proseguire nella sua ricognizione, la porta gli si richiude bruscamente davanti agli occhi, offrendo al suo sguardo tre pannelli scorrevoli due dei quali si chiudono orizzontalmente mentre il terzo funziona dal basso in alto.

Il guantro di Steve Michalak bruciatosi a contatto con la superficie dell’UFO

Piuttosto interdetto e ormai convinto di non avere a che fare con un apparecchio dell’aviazione militare, Michalak comincia a passare la mano guantata sulla parete esterna che gli sembra di acciaio cromato. Immediatamente avverte un odore di gomma bruciata: il guanto sta bruciando per effetto di un calore misterioso. In quel momento, l’UFO si solleva leggermente e Michalak prova un intenso bruciore al petto. I suoi abiti prendono fuoco, e il giovane si mette a girare su se stesso sotto l’impulso di un violento soffio d’aria ardente.

Comprende immediatamente che il pericolo viene dai fori che prima aveva preso per bocche d’aerazione e, prima che si sia potuto riprendere dallo spavento, il misterioso velivolo, che è già sopra gli alberi, scompare in una frazione di secondo.

Un forte odore di zolfo riempie l’aria e, nel punto dove si è posato l’apparecchio, l’erba sta bruciando. Assalito da ondate di nausea, il testimone tenta di ritornare in albergo. Dopo due ore di estenuante marcia, durante le quali vomita quasi costantemente, incontra una pattuglia della polizia a cavallo canadese che lo riconduce nella sua stanza.

Là il giovane avverte la famiglia che, allarmata dal suo stato, decide di trasportarlo d’urgenza all’Ospedale della Misericordia, a Winnipeg. Da quel momento, Steve Michalak, per circa 18 mesi, è preda di una strana malattia dai sintomi più diversi, intervallata da brevi periodi di guarigione.

Dapprima viene curato per le ustioni che, fortunatamente, sono superficiali. Le ferite si cicatrizzano piuttosto rapidamente, ma altri sintomi appaiono più preoccupanti: nel corso dei primi otto giorni dal ricovero in ospedale, infatti, Michalak perde dieci chili di peso. La perdita di peso è tanto più allarmante in quanto Michalak è già un uomo piuttosto magro.

Informati della strana avventura, i primi medici  prendono in esame il suo caso, dapprima avanzano l’ipotesi di un contatto con materiali radioattivi. Eppure tutte le analisi effettuate al centro atomico di Pinawa risultano negative. Tuttavia, senza che la medicina vi sia intervenuta, la salute del malato finisce per migliorare e, in poco tempo, il giovane riprende il suo peso normale.

Poi, bruscamente, il 3 giugno, si presenta un prurito al petto che va aumentando fino a che, il 28 giugno, il testimone prova la dolorosissima sensazione «che migliaia di invisibili bestioline gli stiano divorando la carne». In seguito a un adeguato trattamento, il prurito scompare; ma si tratta solo di una breve tregua: due mesi più tardi si manifesta di nuovo, poi a gennaio, maggio e agosto del 1968.

Le sofferenze di Michalak, però, non erano che all’inizio: un giorno, mentre si trovava al lavoro, sente un’intenso bruciore al collo e al petto e ha l’impressione di avere la gola in fiamme. All’ambulatorio, dove lo trasportano immediatamente, si riscontra che il suo corpo è stranamente gonfio e che nel punto preciso delle vecchie scottature sono comparse delle grandi macchie rosse. Condotto d’urgenza da un medico, Michalakè vittima di uno straordinario fenomeno: in 15 minuti tutto il suo corpo diventa viola e si gonfia a tal punto che gli riesce impossibile togliersi la camicia. Le mani poi diventano come due piccoli palloni.

Gli illustri specialisti chiamati attorno al letto d’ospedale in cui egli giace senza conoscenza non credono ai loro occhi e si dichiarano impotenti a formulare una diagnosi su quel male misterioso.

Stranamente, tutti i mali di cui soffre il testimone svaniscono completamente durante la notte senza il minimo intervento medico. Il giorno dopo, fresco e riposato, Michalak rientra a casa, accolto con gioia dalla sua famiglia che attribuisce la sua guarigione a un miracolo. I ventisette medici che si sono alternati attorno a Steve Michalak hanno formulato varie ipotesi per cercare di spiegare i disturbi quanto meno curiosi di cui egli è stato vittima. A forza di analisi e di controanalisi, hanno proposto agli ufologi tre possibili teorie.

Secondo la prima, il testimone sarebbe stato «bruciato da onde ultrasoniche». Ma se si presta fede a un’altra teoria, la sua malattia sarebbe piuttosto «una reazione termica provocata da un getto d’aria compressa». Infine, la terza ipotesi non scarta la possibilità di una radiazione di tipo gamma 1 che avrebbe provocato le bruciature e l’immediato deterioramento, nello stomaco del testimone, del cibo che aveva consumato proprio prima dell’osservazione. In effetti, i sostenitori di questa teoria pensano che tale decomposizione possa essere all’origine dell’orribile odore di zolfo percepito dal testimone dopo i fatti, e che questi, secondo la sua espressione, aveva l’impressione di «portare in sé».

 

raggi gamma, che sono analoghi ai raggi X, vengono emessi dal decadimento di materiali radioattivi. Inoltre, il risultato di una delle molte analisi a cui fu sottoposto il malato può costituire un indizio prezioso: il tasso di linfociti nel sangue passa dal 25 al 16 per cento nei giorni successivi alla sua osservazione, per poi tornare normale quattro settimane dopo i fatti. Queste diverse teorie non riescono però a spiegare tutti i disturbi di Steve Michalak: né lo straordinario e istantaneo gonfiore del corpo, né la brusca perdita di peso, né le macchie rosse seguite alle bruciature.

I sintomi manifestati dal testimone di Falcon Lake rimangono nel regno dell’inspiegabile.

Il gruppo che investigò sul caso di Falcon Lake. Stephen Michalak è il quarto da sinistra.

Del resto, i medici della Clinica Mayo di Rochester nel Minnesota (Stati Uniti), doveMichalak si è presentato spontaneamente per sottoporsi ad un nuovo trattamento, non si sono sbilanciati e l’ermetismo della loro diagnosi è rivelatore: «avvelenamento chimico del sangue». Benché la strana malattia di Steve Michalak sia di natura tale da convincere anche i più irriducibili, la Commissione Condon ha compilato, sul caso di Falcon Lake, un rapporto negativo.

Steve Michalak non sarebbe dunque che un simulatore, come ha sostenuto Roy Craig, esperto delegato dalla famosa commissione. Certo, il rapporto della Commissione Condon, che ha puntato soprattutto a mettere in rilievo certe incongruenze, ha rilevato giustamente che un fuoco in grado di bruciare degli indumenti di norma avrebbe dovuto provocare un principio d’incendio nella foresta. Ciò nonostante, oltre alla inquietante malattia di Michalak, a Falkon Lake sono stati trovati degli indizi preziosi.

Gli esperti infatti hanno potuto constatare ampie tracce di bruciature sui vestiti del testimone, in particolare sui guanti, la camicia e la biancheria. Del resto, mentre il malato era sotto cura, le indagini svolte hanno tentato di scoprire eventuali tracce dell’atterraggio dell’apparecchio.

Altre indagini, effettuate alla metà di giugno del 1967, hanno dato dei risultati positivi: si è trovata infatti sul terreno una piccola zona circolare dove era sparita ogni traccia di vegetazione. Campioni del terreno prelevati e analizzati dal National Research Council  del governo canadese e dall’Aviazione militare del Canada hanno rivelato la presenza di radioattività che, secondo gli esperti del governo, proveniva dalla vernice fosforescente di un orologio.

Grazie ad analisi più approfondite, si è giunti anche a identificare il radio 226(226Ra), L’isotopo più stabile del Radio, un metallo alcalino-terroso fra i più radioattivi conosciuti, presente in tracce nei minerali dell’uranio. Il 19 maggio 1968 furono effettuati altri prelievi che confermarono le prime risultanze.

Gli stessi prelievi rivelarono anche la presenza di piccole particelle metalliche che erano sfuggite alle prime analisi e che erano essenzialmente composte di argento nella proporzione del 92%-96% di argento, contro l’1%-2% di rame, proporzione notevole che rende questo metallo purissimo.

 

La scoperta delle particelle metalliche non ha comunque turbato il rappresentante della Commissione Condon, che ha dichiarato: «è assolutamente improbabile che le particelle scoperte un anno dopo i primi prelevamenti siano passate inosservate in occasione delle prime analisi». Parecchi esperti sono perfino arrivati ad avanzare l’idea che sia stato lo stesso Michalak, che aveva preso l’iniziativa dei secondi prelievi, a spargere le particelle per autenticare il suo racconto.

Ma, quando l’A.P.R.O. (Aerial Phenomena Research Organization) decise di ripetere le analisi sui primi prelievi, si scoprì che anche quelli contenevano le famose particelle. Analisi mal fatta dunque? Comunque sia, Condon e i suoi esperti non modificarono affatto il loro rapporto, così come, nelle loro conclusioni, non tennero conto dei disturbi fisici manifestatisi nel testimone.

A coloro che lo accusano di essere un simulatore, Michalak risponde invariabilmente: «Non chiedo a nessuno di credermi, ma io so quello che ho visto».

 

Giuseppe Oliva Team Mistery Hunters